‘Non c’è veramente alcun’altra pietra il cui colore dia gioia e refrigerio all’occhio come questa, poiché non esiste alcun verde più intenso del suo colore’.

Correva l’anno 77, primo secolo dopo Cristo, quando Plinio il Vecchio scrisse queste parole a proposito dello smeraldo nella sua Naturalis Historia.

Ma viene da ancora più lontano questa straordinaria pietra simbolo di giovinezza e immortalità: è uno dei sette tesori della tradizione buddhista, quello associato alla saggezza.

Quello egiziano, spesso intagliato nella foggia di scarabeo sacro e leggendario protagonista dei gioielli indossati da Cleopatra, non esiste più.

Quello colombiano invece, sontuoso omaggio del nuovo continente a Pizarro e Cortés, è considerato ancora oggi il più pregiato.

Ad ogni modo la leggenda dello smeraldo si perde nella notte dei tempi: la sua estrazione in Grecia è attestata già ai tempi di Alessandro Magno.

 

Seduzione, personalità, storia

Come ogni pietra preziosa che si rispetti, la storia e il prestigio della splendida gemma verde non è legato solo alla sua rarità e bellezza ma anche a caratteristiche a cavallo tra proprietà mediche, qualità magiche e virtù spirituali.

Oltre naturalmente a racchiudere in sé densissime implicazioni simboliche: non a caso lo prediligeva Cleopatra, incarnazione stessa della seduzione e del potere.

Ma anche Caterina La Grande, personalità non meno affascinante, era proprietaria di un leggendario smeraldo da 107 carati.

Quello che, passando dalle mani dello zar Alessandro II a quelle Granduchessa Pavlovna venne trafugato nel Regno Unito allo scoppio della Rivoluzione del 1917, fino a diventare protagonista di un piccolo giallo risolto (e poi raccontato in un avvincente saggio che è anche un preziosissimo volume) da un gigante della gemmologia come Stefano Papi in collaborazione con gli esperti di Christie’s.

E che dire di Elizabeth Taylor, indimenticabile Cleopatra hollywoodiana la cui spilla di Bulgari fu battuta all’asta per oltre 6 milioni di dollari nel 2011?

 

Abitato, ferito, unico: un giardino da portare al dito

Mai perfetto anzi, nobilitato anche grazie a un taglio sapiente da inevitabili inclusioni, lo smeraldo viene descritto con gli aggettivi più sensoriali e intensi: da ‘vellutato’ a ‘caldo’ a ‘setoso’.

Le inclusioni e le fratture innestate nella profondità del suo verde danno allo smeraldo l’aspetto di un giardino in miniatura: i francesi lo chiamano proprio jardin.

Il suo verde richiama le insondabili e misteriose profondità di una natura vergine, ancestrale, istintuale.

Come quella dell’Amazzonia colombiana da cui provengono i più begli esemplari attualmente esistenti.

La composizione e natura delle inclusioni ci dice qualcosa a proposito della provenienza della gemma (il raro effetto denominato ‘ala di farfalla’ è per esempio tipico dello smeraldo colombiano).

L’effetto ‘giardino’ è particolarmente suggestivo quando un basso numero di piccole inclusioni ben distinte tra loro si staglia su un fondale della massima trasparenza.

Quando invece fratture e inclusioni determinano una sorta di affollamento, è inevitabile che la pietra si opacizzi acquisendo un aspetto che viene definito ‘brinato’ e che concorre a una perdita di bellezza e valore.

Così, proprio come avviene per il rubino il cui magico asterismo non sarebbe possibile senza le inclusioni di rutilo, anche nello smeraldo la purezza – che pure figura nello standard di classificazione della pietra – non sempre e non necessariamente coincide con il pregio.

 

Verdi… d’invidia. Pietre false, sofisticate, adulterate

Lo stesso Leo Criaco di Christie’s in un’Harper’s Bazaar invita a diffidare degli smeraldi dall’aspetto troppo limpido, che nella stragrande maggioranza dei casi si rivelano pesantemente trattati – quando non direttamente sintetizzati in laboratorio.

Nella valutazione dello smeraldo entrano in gioco fattori complessi, tra cui una notevole varietà di trattamenti cui essa può essere stata sottoposta e che ne fa variare la quotazione di mercato in maniera tutt’altro che trascurabile.

Tra un pregiatissimo smeraldo ‘no-oil’ e un ‘moderate resin’ vi è un decremento di valore che non si esita a definire esponenziale.

Quando si parla di ‘moderate resin’ si ha a che fare con l’ingiustificabile pratica che prevede l’infiltrazione di un filler a base di resine epossidiche finalizzata a riempire le fratture di uno smeraldo.

A differenza della più diffusa oliatura, procedimento comunque sconsigliabile ma in parte o del tutto reversibile, le infiltrazioni resinose compromettono irrimediabilmente struttura e valore della pietra, di fatto ‘plastificandola’.

L’occhio di un profano può tuttavia essere ingannato facilmente da uno smeraldo falso, sofisticato o adulterato: in tali casi risulterà indispensabile rivolgersi a un laboratorio di gemmologia indipendente e accreditato.

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